Economia digitale, Bitcoin moneta virtuale che piace poco agli ambientalisti

Quando si affronta il tema relativo all’economia digitale, ed agli sviluppi futuri, è difficile non parlare di Bitcoin, ovverosia della moneta virtuale che è attualmente è la più capitalizzata e la preferita dai trader in criptovalute e da chi effettua i pagamenti attraverso le piattaforme online decentralizzate. Sul web ci sono tante risorse e strumenti sulle criptovalute come ad esempio quelli per sapere quanto vale un bitcoin in euro, grafico valore in tempo reale by Europar2010.org , ma sul Bitcoin ci sono anche altri aspetti importanti da valutare a partire dall’attività di mining che di certo farà storcere il naso agli ambientalisti.

Da un Rapporto di Digiconomist, infatti, è emerso che annualmente per l’attività di mining dei Bitcoin si spendono attualmente la bellezza di 24 terawatt-ora di energia elettrica che corrispondono al fabbisogno energetico annuo di tutta la Nigeria o, per rendere meglio l’idea, al fabbisogno energetico annuo di 2,25 milioni di famiglie americane nelle loro case.

Il Bitcoin, che attualmente contro il dollaro presenta una quotazione record sopra quota 7 mila, è quindi una moneta virtuale energivora e di conseguenza tutt’altro che ecologica. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, infatti, il successo del Bitcoin è a caro prezzo al punto che ci sono analisti che iniziano a correlare le quotazioni dei Bitcoin all’aumento dei costi dell’elettricità. E questo perché l’incremento di valore del Bitcoin porta per l’attività di mining alla necessità di utilizzo di una potenza distribuita maggiore secondo quelle che sono le proprietà della blockchain.

Per il mining delle criptovalute, in altre parole, servono delle potenze di calcolo sempre maggiori, anche se queste sono distribuite, ma in ogni caso l’energia elettrica consumata genera calore che può essere riciclato per riscaldare gli ambienti. E’ il caso di due imprenditori che in Siberia hanno messo in piedi un potente sistema di calcolo per guadagnare con le criptovalute e per risparmiare sulle spese di riscaldamento andando a riciclare proprio il calore che viene generato dalle macchine.

Dalla nascita del Bitcoin, e fino ad oggi, tutta la cronologia delle transazioni è registrata grazie proprio alla potenza di calcolo, all’hardware distribuito, ed alla blockchain che da questo punto di vista è una sorta di libro mastro. Mettendo a disposizione una quota della potenza di calcio si ottiene una ricompensa in Bitcoin ma, come sopra accennato, l’attività è redditizia solo se si utilizza hardware dedicato il cui costo è elevato, così come tende a crescere pure il consumo energetico.

Intanto, dopo la nascita di Bitcoin Cash tramite la cosiddetta hard fork nello scorso mese di agosto del 2017, a breve ci saranno altre due hard fork che sono legate a due progetti di criptovaluta distinti, quelli relativi a Bitcoin Gold ed a Segwit2X. Le hard fork sono strettamente legate al fatto che sul Bitcoin all’aumento delle quotazioni, e del numero delle transazioni, tende ad essere sempre più lento nel verificare e nel validare gli scambi sulla blockchain. Per rendere l’idea, se quando paghiamo online o nei negozi con la carta di credito lo scontrino esce in pochi secondi, mentre ormai il network di Bitcoin lavora con una velocità che è nettamente inferiore a quella delle valute reali.

Vedremo se i progetti legati a Bitcoin Gold e Segwit2X avranno lo stesso successo di Bitcoin Cash, ma al momento quel che è certo è che quello legato alla criptovalute si presenta come un affare sempre più serio ed allettante non solo per le aziende in materia di pagamenti, ma anche per il mondo della finanza. L’hard fork della scorsa estate, con la nascita del Bitcoin Cash, secondo i più pessimisti avrebbe dovuto causare un crollo delle quotazioni del Bitcoin, ma così non è stato. I timori legati alla cosiddetta hard fork sono stati così scacciati sebbene tutte le criptovalute, per loro natura, giornalmente facciano registrare forti oscillazioni con la conseguenza che nel fare trading online sulle monete virtuali la prudenza non è mai troppa.

Contrariamente alle previsioni più pessimistiche, le operazioni di fork non si sono rivelate sinora negative per il Bitcoin che si presenta come una criptovaluta con un livello ed un grado di conservazione a lungo termine, mentre il Bitcoin Cash può avere sulla carta il successo che merita come sistema di pagamento veloce grazie ad una maggiore velocità garantita per le transazioni finanziarie. In altre parole le hard fork per il momento hanno contribuito ad incrementare ulteriormente la fiducia nel Bitcoin anche da parte delle istituzioni finanziarie.

Basti pensare che la criptovaluta è entrata nell’orbita niente poco di meno che del Chicago Mercantile Exchange (CME) che punta a quotare in breve tempo il primo contratto derivato sul Bitcoin. Previo ottenimento delle relative autorizzazioni, il nuovo contratto future sul Bitcoin sarà liquidato in contanti e, in accordo con quanto è stato riportato da Wallstreetitalia.com, si baserà sull’indice BRR, sigla che sta ad indicare il CME CF Bitcoin Reference Rate.

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