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Codici a barre: di cosa si tratta e come vengono usati

Una delle invenzioni più rivoluzionarie del mondo del commercio è sicuramente rappresentata dal codice a barre. Si tratta di un codice che si caratterizza per essere formato da una serie di elementi grafici, che serve a trasmettere le informazioni che sono legate a tutti quei prodotti a cui è correlato il codice.

Codice a barre: che cos’è

Ecco, quindi, che diventa molto facile comprendere cosa sia il codice a barre. Stiamo facendo riferimento a un simbolo che, al suo interno, presenta tutta una serie di dati e di informazioni, che possono essere letti mediante degli strumenti appositi, che corrispondono a uno scanner piuttosto che a un altro tipo di lettore sviluppato appositamente per svolgere tale funzione e decodificare tutte quelle informazioni che si trovano all’interno del codice.

L’invenzione del codice a barre è avvenuta ad opera di due americani, ovvero Bernard Silver e Norman Woodland. Il primo codice a barre fu brevettato nel lontano 1952 e nacque per soddisfare delle necessità di carattere commerciale. Ovvero, per poter rendere automatizzate tutte le varie attività di cassa, sia in ambito industriale che all’interno delle aziende. Con il passare del tempo, i codici a barre sono stati innovati e resi sempre più efficaci.

Le varie tipologie di codici a barre

Una prima distinzione tra i vari codici a barre è senz’altro quella tra codici lineari e bidimensionali. Alla prima categoria fanno parte tutte quelle tipologie di codici a barre che si caratterizzano per essere in grado di rappresentare in modo sistematico i dati, che possono differire in termini di spaziatura tra le barre e gli spazi. Vengono ribattezzati spesso e volentieri anche unidimensionali e comprendono pure i codici EAN e quelli UPC.

Proviamo a fare qualche esempio di codici a barre unidimensionali. Si parte dai codici Upc, che si caratterizzano per essere impiegati piuttosto di frequente all’interno di Paesi come l’Australia, il Regno Unito, ma anche gli Usa e la Nuova Zelanda. Si suddividono ulteriormente in codici UPC-A, che sono in grado di codificare al massimo 12 cifre di carattere numerico, oppure UPC-E, che invece sono in grado di codificare fino a 6 cifre numeriche.

I codici a barre bidimensionali

In questo caso, il riferimento è nei confronti di codici a barre che possono contare sulla presenza, al loro interno, di simboli bidimensionali. In realtà, la logica che ne sta alla base è la stessa dei codici 1D, con l’unica diversità rappresentata dal maggior quantitativo di informazioni e dati che è possibile contenere.

Uno dei codici a barre bidimensionali maggiormente diffusi, soprattutto nel corso degli ultimi anni con il boom legato all’uso degli smartphone e di tanti altri prodotti del genere, è rappresentato dal codice QR. Si tratta di un codice bidimensionale che si può sfruttare in via del tutto gratuita. I vantaggi sono numerosi, dal momento che si tratta di un tipo di codice che si può facilmente adattare su ogni tipologia di superficie, senza dimenticare come presenta una notevole tolleranza rispetto agli errori e la lettura di tali codici è davvero molto veloce. Nella maggior parte dei casi, i codici QR vengono sfruttati per la lettura dei menù, così come di riviste e servizi che vengono forniti in digitale.

Tra gli altri codici a barre bidimensionali diffusi troviamo quello denominato Damatrix e il PDF417. Nel primo caso ci sono diversi aspetti e caratteristiche in comune con il codice QR, mentre nel secondo caso l’applicazione avviene su prodotti che hanno bisogno della memorizzazione di un alto quantitativo di dati e informazioni. Questi codici sono in grado di conservare fino a una soglia massima pari a 1.4 kilobyte di dati.

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